Amato

III

Vediamo dunque ì tratti caratteristici di questa filosofia del Corleo, esposta da lui diffusamente nei due volumi già ricordati del 1860-63, nel riassunto fattone nel 1879 col titolo Il sistema della filosofia universale ovvero la filosofia della identità, svolta parzialmente in un corso di Lezioni di filosofia morale1, e schiarita in molti scritti minori2.

Egli muove da un'analisi del pensiero come del primo fatto, o, comunque, uno dei fatti, che la scienza si trova innanzi quando imprende le sue indagini, indipendentemente da ogni valutazione gnoseologica: ed è la prima parte del suo sistema, detta noologia; la quale non presume spiegare, ma intende osservare i carattere distintivi dei fatti del pensiero, così come essi si presentano.

E il primo fatto osservato, o creduto di osservare dal Corleo nei fenomeni del pensiero, è la complessità o composizione dì tutti i suoi atti primordiali o percezioni, esterne, interne, dell'Io, e intuitive o relative ad oggetti di conoscenza immediata. Ogni percezione, che è poi un atto effettivo di pensiero, par chiaro al Corleo che «costa di più parti, sia che le parti si distinguano fra di loro, sia che possano soltanto distinguersi per mezzo di un’analisi o di un avvertimento speciale»3; è un composto o un complesso di varie parti: e il complesso, si badi, «è identico con la somma delle parti, che in lui tratto tratto, e non tutte ad una volta si rivelano»4. Questo il primo fatto, rispetto ai quale il Corleo torna sempre a protestare che egli non fa altro che osservare, senza metterci nulla di suo; e non occorre dire che questo, come qualunque altro fatto osservato, è un fatto veduto con la lente soggettiva del pensiero che l’afferma: ossia, in questo caso, dal punto di vista meccanistico, atomistico, associazionistico, per cui si vede il molteplice del fatto psichico, ma non si vede l'uno, in cui il molteplice si concentra e si attua. E, fatto per fatto, si può affermare che, osservando esattamente, ogni percezione non è somma, ma unità.

Posta, a ogni modo, quest'atomistica spirituale, si può facilmente argomentare che tutto il processo dei fenomeni dello spirito sarà per Corleo quello che sarà peri positivisti come l’Ardigò, e che è stato sempre per tutti gli empiristi antichi e moderni; una mera meccanica psicologica, una formazione naturale, un mero incremento a posteriori dell'esperienza. Il Corleo ci parlerà di un'analisi e di una sintesi spontanea delle percezioni primitive, vera attività miracolosa costruttiva di tutte le forme del pensiero. Le percezioni, egli dice, «s'incontrano fra loro in quelle parti, ove hanno rispettiva somiglianza; e senza che l'uomo vi ponga mente, da se stessi i punti simili si rappresentano consimilmente: onde nasce la loro spontanea assimilazione», ossia una percezione sintetica che basterà a riprodurre essa sola le varie percezioni simili inerenti nei primitivi complessi di percezioni. Viceversa, tutti i punti diversi «si separano naturalmente fra loro e formano tante percezioni, o parti di percezioni, distinte». Sicché la sintesi e l’analisi, che pure il Corteo, quasi per ischerno, dice le «due grandi operazioni del Me» non sono per lui funzioni dell'Io, che rendano possibile; il duplice fatto dell'assimilazione e disassimilazione; «anzi non son'altro che il risultato delle percezioni complesse e della loro riproduttibilità»: parendogli troppo semplice e troppo naturale che «le percezioni, risovvenendosi, anche all'insaputa dell'uomo si sovrappongano, per così dire, le une alle altre, combaciandosi in tutti i punti consimili, e lasciando diversi tutti i punti non somiglianti» (I, 147), E altrove dice tranquillamente: «Tutte queste operazioni d'identificazione delle identiche rappresentazioni, di diversificazione delle diverse, di nuova identificazione dei diversi coi loro novelli identici e d'identificazione dei complessi con la somma delle parti diverse che rispettivamente li costituiscono, ovvero che in essi si manifestano, son tutte operazioni spontanee e primitive… sono il frutto spontaneo delle medesime rappresentazioni identiche e diverse, perché è impossibile che identicamente non si presenti ciò che identicamente si presenta ecc. ecc.» (Sist., § 9). Dov'è evidente l'arte dell'empirista di presupporre quel che deve dedurre: perché qui l’identificazione dovrebbe essere conseguenza dell’identità; e l’identità intanto implica l’identificazione degl'identici, che non sarebbero tali per la coscienza, se già non identificati. Ma lasciamo pure procedere il nostro filosofo; e mandiamogli buona tutta l'associazione, che egli fa derivare dall'analisi e dalla sintesi spontanea, con le operazioni psicologiche della riproduzione delle idee, la ricordanza, la reminiscenza, la dimenticanza e l'oblio. Un, altro passo innanzi, sempre con quella gamba, egli lo fa con la sua teoria dell'astrazione, che dipende sempre dall'analisi e dalla sintesi spontanea, ma scopre un nuovo mondo nel pensiero: il mondo dei concetti. «L'identico, rappresentatosi in gruppi diversi, diviene punto tipico di rappresentazione; o meglio, tutto quello che si presenta come a lui5, si presenta appunto come a lui. E perciò esso è il punto tipico per tutto ciò che lo somiglia, come è il punto differenziale per tutto ciò che non lo somiglia. Dalle frequenti ripetizioni del punto identico in mezzo a gruppi diversi, sorge la isolazione, o l'astrazione dell'identico da tutti quegli altri elementi, coi quali egli si trova unito e che non gli somigliano» (Sist., § 16). Questo astratto, manco a dirlo, è il concetto, il quale, secondo il Corleo, «in forza di questa stessa identità divenuta tipica e fissa, prende caratteri di necessità, di universalità e di assolutezza. Perocché è necessario che a presentarsi identicamente, ad entrare sotto la categoria del concetto, si presentino gl’identici connotati; in tutti i tempi ed in tutti i luoghi sarà così: ne ci vuol altro che l'identica presentazione, né meno né più, per ottenere questo effetto. Onde i così mirabili caratteri di necessità, di universalità e di assolutezza non son altro che le indispensabili conseguenze della identità delle rappresentazioni». Cioè, bisogna dire, di quella tale identità, che noi abbiamo introdotto, già nelle rappresentazioni che dovranno essere identificate, tanto per agevolare la futura identificazione; e se l’identico è il concetto, di quella tale identità, che noi abbiamo dovuto mettere nelle rappresentazioni, che per analisi e sintesi spontanea e quasi automatica potessero poi generare il concetto. Perché quelle rappresentazioni noi le investivamo già del concetto, attribuendo loro una qualità, o dicasi pure, vedendole con una qualità, di cui dovevamo pure avere il concetto universale, necessario, assoluto, da quanto quella che l'atto dell'astrazione ne farà saltar fuori.

E qui interviene un'altra teoria che fu il cavallo di battaglia dell'empirismo, dello schietto positivismo corleiano: una teoria, che potrebbe parere una parola, ma una parola che l'Ardigò, se avesse mai letto gli scritti del filosofo siciliano, gli avrebbe dovuto invidiare: una parola tipica e pregnante, in cui c'è tutto l'empirismo: la priorizzazione. «Parola nuova», dice pleno corde l'autore la prima volta che l'adopera, «che debbo usare d'ora innanzi per esprimere un'idea nuova»: ed accingendosi a svelarne il segreto a La priorizzazione dei concetti è una cosa degna di grande studio, ed è di molta importanza»6. Il quale segreto, detto nella forma più semplice e chiara dallo stesso Corleo7, è questo, che «le prime presentazioni, astraendosí per effetto dell'identico e del diverso, prendono il davanti, si priorizzano, divengono tipo e norma di quelle che vengono dopo; poiché è conseguenza ineluttabile del tipo priorizzato, che identicamente si ripeta ed abbia i medesimi caratteri di luì tutto ciò che in quel modo si ripete». Isomma la priorizzazione è la stessa astrazione, in quanto l'astratto o concetto è poi predicato di tutti i complessi rappresentativi o concettuali, che contengano quellidentità astratta tra le loro parti costitutive. E se l'astrazione rileva e mette in luce nel fatto spirituale su, cui si esercita soltanto quello che c'è, la priorizzazione che vuol essere la formazione o genesi dell'apriori, cioè del presunto a priori, c'è pericolo che presupponga appunto l'apriori, che vuoi costruire, e senza di cui l'astrazione, in cui essa pur si risolve, non avrebbe che astrarre. La priorizzazione del Corteo fa il paio, con l'apriori spenceriano che è aposteriori per la specie, ed è apertamente la caratteristica più significativa del suo empirismo.

Non occorre dire che il Corleo rifiuta i giudizii sintetici a priori di Kant; e riduce la funzione giudicativa a un rapporto d'identità, per cui non solo i giudizii a priori, fondati cioè su concetti priorizzati, ma anche i giudizii a posteriori, fondati sulle percezioni empiriche, sono analitici, e non fanno se non mettere in rapporto una parte col tutto.

E il principio d' identità, ormai è chiaro, è per lui la chiave che apre tutte le porte, la legge unica del pensiero, la luce che illumina tutti i misteri. La sua filosofia s'incontra qui, senza nessun rapporto storico, con, la filosofia herbartiana, come superamento della fenomenalità di ogni cangiamento: ma senza questo concetto della fenomenalità, anzi con lo stesso oggettivismo degli antichi atomisti. Per Corleo come per Herbart l'essere non può cangiare; e si deve perciò concepire nella più rigorosa identità. Ma per Herbart il cangiamento è una veduta accidentale, estranea all'essenza propria dei reali; per Corleo invece come per Leucippo e Democrito, se le sostanze elementari sono immutabili, generano peraltro esse stesse, col movimento, tutte le mutazionì. La sua identità non è, come la herbartiana, l'identità degli eleati, che negano il divenire naturale, ma quella appunto degli atomisti che con l’identico moltiplicato costruiscono un reale divenire.

 

  1. Palermo, 1890-91, due volumi di cui il secondo rimasto incompleto.
  2. Da aggiungersi ai citati: I doveri temporanei hanno origine, forza obbligatoria e durata dai doveri assoluti, ovvero alla necessità del progresso in filosofia morale, Palermo, 1863; Il principio d’identità, il giudizio necessario e il giudizio empirico – Il principio stesso d’identità, la sostanza e gli assoluti ontologici: memoria presentata al XII Congresso degli scienziati italiani in Palermo, 1875, negli Atti, Roma, 1879; Le abitudini intellettuali che derivano dal metodo intuitivo, Palermo, 1880; Le comuni origini delle dottrine filosofiche di Miceli, di Malebranche e di Spinoza e loro confronto con quelle di Gioberti e di alcun positivista moderno, in Atti della R. Acc. d. sc. Lett. E belle arti di Palermo, 1884. Dei molti suoi scritti storici, politici e di pubblica istruzione si può vedere l’elenco accurato nel citato scritto di F. Orestano.
  3. univ. I, 137.
  4. Sistema, § 8.
  5. Costrutto siciliano; intendi: Come lui, allo stesso modo di lui.
  6. univ. I 186-187.
  7. Sistema, § 22.