Amato

Nel riprendere la nostra consuetudine delle pubbliche letture e conferenze, che attrassero già l’anno scorso l’attenzione degli spiriti più colti della nostra città su questa istituzione appena nata, e
possiamo anche dire che suscitarono e accrebbero in molti l’interesse per le questioni filosofiche, vogliate consentire, o Signori, che io brevemente chiarisca gl’intenti, a cui si sono ispirati coloro
che hanno creata questa Biblioteca, e sperano farne un istituto perpetuo della cultura palermitana.

Altri ci avevano preceduti altrove. In parecchie delle principali città italiane, prima o dopo di noi, sono sorti circoli e sodalizi, con o senza biblioteca, allo scopo di promuovere gli studi e la cultura
filosofica. Onde, se la nostra società e biblioteca si distingue da tutte le altre istituzioni congeneri, noi crediamo, per la complessità e organicità dei mezzi con cui procura ad adempire i suoi fini,
l’iniziativa nostra a Palermo si rannoda a un largo movimento dello spirito contemporaneo, più vivace forse in Italia che altrove, il quale è buon argomento a sperare un profondo, energico
risveglio delle forze nostre interiori, che sono poi le sole forze di un popolo. Negli studi nostri, con l’occhio a quelle manifestazioni della cultura che toccano direttamente i problemi che c’interessano,
noi tutti che ci occupiamo di filosofia sentiamo di assistere, spettatori e attori, a un notevole risveglio dello spirito filosofico.

Si fondano riviste, si pubblicano libri, si avviano collezioni, alle quali, dieci anni fa, sarebbe sembrata follia sperare un conveniente numero di lettori. E le riviste moltiplicano ogni anno la
tiratura, e dei libri si chiedono sollecite le nuove edizioni, le collezioni pigliano piede e ampliano il loro disegno. I giornalisti, che fino a ieri preferivano civettare con le scienze naturali e beffarsi della
filosofia, ora ostentano la loro competenza e il loro interesse per le questioni filosofiche.

La filosofia esce dalla umbrabile erudizione delle scuole semideserte, dell’ozio muto delle accademie, dall’irto tecnicismo dei contributi scientifici, e si mescola alla vita, alle passioni, alle
discussioni, alle lotte di tutti gli spiriti colti, accomunati dall’aer libero della vita letteraria, morale e politica.

Ma la filosofia è uscita dalle scuole, dalle accademie e dalle memorie degli specialisti quando già s’era trasformata e li dentro non poteva più respirare. Errore sarebbe il credere che sia trasformata
dopo esserne uscita, al contatto della vita. Quella filosofia del filosofio fatuo e pedante, che fa le spese della commedia dalle nuvole di Aristofane al Socrate immaginario del Galiani, la filosofia del
professionale della filosofia, non sarebbe mai venuta in piazza senza farsi canzonare. E nelle sue ultime forme essa aveva acquistata almeno questa malizia, di starsene bene appartata; e, anche

chiamando intorno a sé un pubblico piuttosto esteso, preferiva sempre andarsi a rinchiudere nella

sua aula universitaria. La filosofia che penetra oggi nella vita, sa di potervi entrare tra il rispetto di

quanti si occuperanno di lei.

La filosofia, o Signori, in quest’ultimo decennio ha subito una grande trasformazione, senza la

quale tengo a protestare che non io vi avrei incomodati per parlarvi di cose filosofiche; non io avrei

voluto addossarmi la responsabilità di presiedere un circolo filosofico, aperto a tutti i palermitani

amanti di idee. La filosofia nostra, la filosofia di oggi non è più la povera e nuda filosofia, che, con

gran gusto del pubblico, lasciava agli uomini pratici il mondo, la realtà viva e concreta, per

sequestrarsi nelle nuvole e nell’astratto; non è più di quella gran rete universale, dalle cui larghe

maglie scappavano, per tutte le parti, tutti gli uomini e tutte le cose, in cui si dispiega la vita, che

desta il nostro interesse, per cui combattiamo e moriamo. No. Noi, francamente, non ci crediamo in

obbligo, perché filosofi, di lasciarvi soli al grande banchetto della vita, o di fare soltanto la parte di

spettatori con l’animo del sapiente lucreziano contento di contemplare da lungi il tumulto e le

tempeste del mondo. Di quella filosofia solitaria ed astratta ridiamo anche noi, come di un grosso

sproposito, perché una filosofia appartata dalla vita è pure, per noi, una vita appartata dalla filosofia,

ossia il fallimento della filosofia: la quale, se ha un valore, se è una forza, deve penetrare di sé la

vita umana e governarla, informarla di sé. Una filosofia sequestrata dalla vita comune, è anche

divisa nello spirito del filosofo dell’uomo, che è pure nel filosofo; perché, se il filosofo si rinchiude

nel suo mondo intellettuale, l’uomo resta sempre immerso nella realtà sociale e nel tutto. Onde

quella filosofia riuscirà una verità della mente, come si dice, senza essere una verità del cuore: una

verità, stavo per dire, pei gonzi, non per l’uomo vivo operante nel mondo attraverso il complesso

delle attinenze onde ogni individuo è confitto nell’universo.

La filosofia oggi è diventata cosa seria, cosa di tutta l’anima nostra, la nostra fede, il nostro

mondo, la nostra legge. Noi siamo ora profondamente convinti che essa ci può dire una parola per

tutte le forme, per tutti i gradi della nostra attività: nella vita pratica come nella vita teoretica, nella

scienza, in ogni ordine di scienza, come nella religione; e che la parola che essa può dire, ha valore

decisivo e fondamentale, ricrea in un nuovo mondo mentale quel che prima si possedeva, e segna

quindi una nuova via. Noi vediamo altresì che questa parola non scoppia a un tratto nello sviluppo

dello spirito, quando da una sfera si passi all’altra, che sarebbe poi quella della filosofia; che anzi

questa parola suona sempre, più o meno alta, più o meno significativa, in ogni anima, in ogni stato;

e che pertanto la nostra filosofia è la stessa di tutti, cui solo artificio e la irriflessione han potuto

contrapporla, come prosuntuosa legislatrice della vita, cui pretenda di sovrapporsi.

È però noi abbiamo sentito la nostra filosofia come una causa comune e un comune interesse di

tutti gli uomini. E abbiamo aperte le porte, e siamo usciti in mezzo, al pubblico e abbiamo creato

delle società filosofiche, che non voglion essere segreti cenacoli, ma focolari di cultura e centri di

coordinazione spirituale, coi mezzi onde la filosofia, e voglio dire ogni pensiero umano, si alimenta,

la collaborazione mentale tra i vivi (conferenze e discussioni) e la collaborazione coi morti, che non

sono morti perché sopravvivono nei libri.

Le nostre biblioteche, dove lo spirito individuale si unisce al Dio di tutte le religioni, quel Dio

che mai non invecchierà, l’eterno spirito umano, non hanno dommi fissi né sacerdoti privilegiati;

ma chiese sono, dove gli uomini si fanno o si vogliono fare d’uno spirito solo, nel comune, sincero

amore della verità, e attingere dalla universalità dello spirito, dalla simpatia delle menti, da una

fede, che non è più l’ombrosa e intollerante opinione dell’individuo, ma la serena, la aperta

convinzione di molti, il vigore, la energia vittoriosa, che appiana le montagne e apre la via della

vita.

Raccogliamoci, dunque, se vi piace, e studiamo insieme, mettiamo insieme i nostri pensieri, se

ciascuno aspira a un pensiero, cioè a una personalità, che valga più che sia possibile. E questo

modestamente, certo, silenziosamente, umilmente come conviene a chi è conscio della difficoltà

dell’impresa, che è la più alta, la più ardua fatica dell’universo, e il compito perenne inesauribile del

pensiero.

Noi di questa Biblioteca, che abbiamo osato farci iniziatori qui a Palermo, non pretendiamo di aver

fatto se non prova di buona volontà. Dico noi, e dovrei dire quegli, l’unico, che ci ha spronati, e ci

sprona: un nome, che per non ferisce la modestia dell’amico mio a vostro, io non pronunzierò, ma

che è sulle labbra di tutti; un nome, che da venti anni a questa parte è divenuto un simbolo

dell’amore incondizionato e della fede inconcussa nella filosofia qui, a Palermo, e fuori; poiché,

senza essere portato attorno sui frontespizi dei libri, è conosciuto e onorato per ogni luogo, dove è

in onore la filosofia.

A lui in massima parte si deve se questa Biblioteca oggi raccoglie circa ottomila volumi, tra i quali

abbiamo acquistate e ordinate le collezioni amorosamente radunate da uno dei cultori più esimii che

i nostri studi abbiano avuto a Palermo, il prof. Vincenzo Di Giovanni, dal cui nome s’intitola perciò

una delle nostre sale. A lui l’istituzione di un annuario in cui la nostra società pubblicherà quanto

delle nostre conferenze e delle nostre comunicazioni potrà avere un interesse per gli studiosi, e darà

notizia di tutta la nostra vita sociale. A lui pure, in grandissima parte, se per l’anno che oggi

inauguriamo io posso annunziarvi una ricca serie di conferenze e di comunicazioni, onde i cultori di

tutte le scienze porteranno a noi quella parte più squisita dei loro pensieri, dove essi s’imbattono

nella filosofia.